Emilio Fontana, assieme a Giovanni Zanzotto nel 1925 fu tra i decoratori
del Municipio di Bengasi, la capitale della Cirenaica (regione della Libia),
furono ingaggiati dal famosissimo pittore e decoratore veneziano Guido
Cadorin, che aveva appena lavorato al Vittoriale su incarico di Gabriele
D'annunzio.
Ecco a tal proposito la descrizione dei lavori eseguiti presso il Municipio
di Bengasi dal Cadorin coadiuvato da Fontana e Zanzotto
"Alla decorazione egli interni del Municipio di Bengasi partecipano i
veneziani Guido Cadorin e Umberto Bellotto, rispettivamente per gli
affreschi e i ferri battuti, oltre al mobilificio palermitano Ducrot. Quando
nel febbraio 1925 Cadorin parte per Bengasi ha terminato da poco di
affrescare la Stanza del Lebbroso (la Zambra del Misello) al Vittoriale
seguendo il programma tracciato da Gabriele D'Annunzio. Sulla scelta di
Cadorin potrebbe aver influito l'ammirazione per la grandiosa fabbrica del
Vittoriale opera dell'architetto trentino Giancarlo Maroni, che Piacentini
aveva cominciato a stimare e apprezzare su segnalazione di Wenter
Marini. Sarà proprio grazie all'intervento del pittore veneziano presso un
riluttante D'Annunzio che potrà finalmente visitare Ia residenza del Vate
nell'agosto del 1921 insieme alla moglie Matilde Festa. Sulle pagine di
Architettura e Arti Decorative trovano spazio le opere degli esponenti
veneti del nuovo stile tra i quali va annoverato l'architetto Brenno Del
Giudice, cognato di Cadorin, insieme a Giuseppe Torres che dal 1921
entrerà a far parte del comitato di redazione. Emblematicamente realizzata
nel 1925 (febbraio-agosto) la decorazione del Municipio di Bengasi è un
trionfo di accenti Déco di intonazione orientalista, nel quale si mescolano
baldacchini con colonne tortili e pannelli fitomorfi, composte geometrie e
delicati arabeschi, tutti soggetti a una superiore norma di stilizzazione e
esemplificazione, che conferisce un tono di raffinata eleganza agli interni.
Non ci sono concessioni alla tridimensionalità in omaggio sia ai
comandamenti dello stile Déco che alle tradizioni della pittura islamica.
Nella sala del Consiglio comunale le decorazioni fitomorfe rileggono in
chiave Déco la tradizione della pittura ottomana del XVI e XVII secolo
della quale gli esempi più rilevanti sono conservati nel palazzo del
Topkapi a Istanbul. La fascia decorativa che corre a ridosso del soffitto
presenta una serie di fiori stilizzati che si alternano a cornici polilobate,
mentre nel soffitto le travi lignee intagliate sono semplicemente dipinte.
L’ambiente più fastoso è il salone centrale a doppia altezza con un
ambiente laterale collegato allo spazio centrale da tre archi acuti a ferro di
cavallo sorretti da colonne binare. L’intradosso polilobato delle arcate al
modo della Grande Moschea di Cordoba è tracciato dal segno dipinto che
ammicca con levità alla sua funzione sostituitiva. Sempre campite con i
toni ironici e irridenti dello stile 1925 sono le colonne tortili poste agli
angoli del salone che con il loro ritmo ondulato creano un piacevole
contraltare alla più sofisticata macchina del baldacchino con drappeggio
che si intravede dietro le arcate. L’ambientazione è completata dall'arredo
Ducrot con sgabelli, sedie, poltrone, divani, consolles e tavolini intarsiati
riccamente intagliati per rievocare le suggestioni neo moresche dei più
celebri mobili Bugatti. La decorazione pittorica (oltre al salone e alla sala
del consiglio comunale è interamente decorato il vano scala e il corridoio
al primo piano) ha il tratto rapido e leggero che è caratteristico delle opere
di Cadorin, conferendo ai suoi affreschi un sentore tipicamente veneziano,
qui reso in una interessantissima chiave interpretativa moderna che fa
proprio il segno elegante del Déco. Questa semplificazione risulta
certamente più alla moda della decorazione seguire a Galileo Chini per la
Banca d'Italia a Tripoli (1923-1928), nelle quali il nitore geometrico e la
maniacale cura dei dettagli rimandano piuttosto alle pagine di Prisse
d'Avennes. La commissione di Bengasi precede l’incarico certamente più
prestigioso che Piacentini offrirà l’anno seguente a Cadorin: la
decorazione dell'Albergo degli Ambasciatori in via Veneto a Roma33. "
Municipio di Bengasi
Tratto dal libro
"Architetture neo arabe di Marcello Piacentini in Libia"
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